Le Stelle e il Santuario di Delfi, “L’ombelico del mondo”

Giacomo Albano esperto di astrologia e della Tradizione esoterica orientale e occidentale. www.astrologiaprevisionale.net

Le fonti storiche confermano la presenza di un culto di Apollo a Delfi almeno a partire dal 750 a.C. Inoltre, sappiamo che a partire dall’VIII secolo a.C. vi era un collegio sacerdotale che faceva capo alla Pizia. Nel VII secolo a.C. vennero avviate le costruzioni dei primi templi sacri. Da questo momento il luogo divenne meta di pellegrinaggio, acquisendo sempre più importanza.

Per molti secoli, il santuario di Delfi é stato il centro religioso e spirituale del mondo greco antico. Infatti, secondo la tradizione, Delfi era definito “ombelico del mondo”. Secondo la tradizione, il luogo del santuario era stato il punto d’incontro di due aquile spedite da Zeus dai confini dell’universo per trovare il centro del mondo.

Precedentemente l’area era dedicata al culto di altre divinità, di cui la principale era Gea, la dea Terra. Il luogo era anticamente protetto da Pitone, mostro dalla forma di serpente e figlio di Gea. Quando Apollo riuscì ad ucciderlo e a impadronirsi del santuario, istituì i Giochi Pitici, gare atletiche simili a quelle di Olimpia celebrate periodicamente in onore di Pitone.

Successivamente subentrò al culto di Gea quello del dio Apollo, detto Pizio, ossia vincitore di Pitone. Il culto si caratterizza per la richiesta di vaticini alla sacerdotessa di Apollo, la Pizia, la quale emetteva i responsi seduta su un tripode, dopo essere entrata in trance respirando il vapore che fuoriusciva da una fessura della terra.

Apollo decise di uccidere il serpente Pitone (figlio di Gea) perchè aveva insidiato sua madre Latona mentre era incinta di lui.
Il nome Delphoi deriva dalla stessa radice di δελφύς delphýs, “utero” e potrebbe indicare la venerazione arcaica di Gaia nel sito. Apollo è collegato al sito dal suo epiteto Δελφίνιος Delphìnios, “il delfico”. L’epiteto è collegato ai delfini (greco δελφίς, -ῖνος) nell’Inno omerico ad Apollo, che narra la leggenda di come Apollo venne per la prima volta a Delfi sotto forma di un delfino portando sulla schiena i sacerdoti di Creta

E così Delfi divenne il sito dell’importante tempio di Apollo, dei giochi pitici e del famoso oracolo.

Secondo l‘inno omerico all’Apollo Pitico, Apollo lanciò una freccia che uccise il serpente Pitone il figlio di Gaia che custodiva il luogo. Pitone era uno spirito ctonio che fu sconfitto da Apollo e sepolto sotto l’Omphalos. Si tratta quindi di una divinità che erige un tempio sulla tomba di un altro.

Un’altra festa di Delfi era la Teofania, un festival annuale in primavera che celebrava il ritorno di Apollo dai suoi luoghi invernali a Iperborea. Si diceva infatti che Apollo una volta all’anno partiva dal suo tempio di Delfi per tornare nella patria degli Iperborei, dalla quale proveniva.

 Il Serpente Pitone

Iniziamo con il serpente Pitone che secondo la tradizione era guardiano del luogo e che fu ucciso da Apollo. In tal modo Apollo si sostituì nel culto alla madre del Serpente che era Gea. Sul sepolcro del serpente Apollo pose una pietra di forma conica, detta omphalos (ombelico).

Il fattore in assoluto più significativo, anche per la perfetta coincidenza temporale con il tempio di Apollo e l’istituzione del culto nella forma in cui ci è stato tramandato, è il giungere di Alphard (la brillante dell’Idra) sull’equatore celeste nel 760 a.c.

Infatti, la costruzione del tempio è avvenuta proprio mentre la stella che rappresenta il mitico rettile scendeva sotto l’equatore celeste: il serpente rappresentato dall’Idra veniva simbolicamente “sepolto” nel cielo meridionale che è sempre stato associato agli “inferi” della sfera celeste.

L’Ofiuco rappresenta il Portatore del Serpente raffigurato nell’atto di tenere tra le sue braccia il Serpente, e quindi anche di sottometterlo. Forse l’immagine umana dell’Ofiuco che domina il Serpente può aver suggerito, sia pur solo a livello subliminale, l’idea di un dio che sconfiggeva il Serpente custode del luogo.

Non dimentichiamo che le stelle agiscono anche e soprattutto a questo livello, quindi non sempre è necessario ipotizzare un’esplicita volontà umana di conformare i propri miti e credenze sui loro cicli e sui significati simbolici delle immagini stellate.

E anche la costellazione del Serpente suggeriva simili significati di “abbassamento” e “sparizione”, visto che la sua testa sorgeva per gli ultimi anni al tramonto del Sole equinoziale, per poi perdere questa sincronicità e trovarsi già sotto l’orizzonte al momento del tramonto all’Equinozio.

Il Cigno

Un altro animale sacro ad Apollo e simbolo del dio era il Cigno. Si diceva che il dio si muovesse su un carro trainato da cigni e spesso è stato raffigurato in questo modo.

Straordinario è quindi il fatto che intorno al 650 a.c. (cioè proprio negli anni in cui fu costruito il tempio di Apollo) la brillante del Cigno – la stella Deneb – aveva una declinazione coincidente con la latitudine di Delfi. Per la verità anche Vega, se considerata nella sua media declinazione con l’appaiata zeta1 Lira (altro simbolo di Apollo), presentava questa coincidenza.

Questo significa che le stelle culminavano allo zenit (cioè alla loro massima altezza raggiungibile sopra l’orizzonte) proprio alla latitudine di Delfi.

I vapori e la Pizia

Questa corrispondenza tra Delfi e alcune parti di Cielo è evidente anche se esaminiamo in questa luce la tradizione secondo cui in quel posto vi era una fessura della terra da cui salivano vapori e gas naturali che inducevano nella sacerdotessa di Apollo (la Pizia) uno stato di trance, tale da consentirle di divinare. La tradizione narra che la fessura risucchiava coloro che si spingevano ai bordi del crepaccio, e quindi vi si mise sopra un vaso tripode (recipiente a tre piedi) sul quale si faceva salire una fanciulla vergine, dando origine alla prima forma di oracolo.

La parte di cielo associata a tutto questo è senz’altro quella in cui si trova la costellazione della Vergine (che può rappresentare sia la sacerdotessa vergine che la Madre Terra da cui provenivano le esalazioni) sopra quella del Cratere (il vaso tripode), il quale a sua volta si trova sopra la costellazione dell’Idra (il dio-rettile ctonio nascosto sotto la terra da cui provengono le esalazioni).

La scena appare chiaramente se consideriamo il momento del sorgere del Sole all’Equinozio negli anni della costruzione del tempio: in quel momento, come potete vedere nell’immagine, la Vergine tramontava e, subito sotto la sua immagine stellata, troviamo il Cratere e l’Idra…e anche la piccola costellazione del Corvo, altro animale sacro al dio e legato a lui da un altro mito tradizionalmente associato proprio alle costellazioni del Cratere e del Corvo.

Il tramonto della Vergine all’Equinozio a Delfi nel 650 a.. C. e sotto, già tramontati, il Cratere e l’Idra

Altri fenomeni astronomici

Se consideriamo la visuale di Delfi, notiamo che all’epoca il Cigno, la Lira e il Delfino al loro sorgere si rendevano visibili mentre l’Idra tramontava. E quando queste costellazioni culminavano, avveniva il tramonto della costellazione del Serpente.

Deneb intorno al 16.000 a.C.. era stata stella polare, e anche Vega lo era stata intorno al 12.000 a.C. Da qui forse discendeva il mito dell’Apollo iperboreo che veniva dalle regioni del nord. In quei remoti anni anche il Delfino era circumpolare e non poteva toccare terra a Delfi.

Alphard, la stella più luminosa dell’Idra, giunse sul coluro solstiziale e alla sua massima declinazione poco prima del 2000 a.c . La stella anticulminava con il Sole a mezzanotte nel solstizio estivo, quindi non era visibile in quel periodo. Il contrario accadeva al solstizio invernale, quando la stella culminava a mezzanotte ed era alla massima visibilità e altezza notturna. Da allora la stella iniziò a scendere in declinazione, e a non trovarsi più perfettamente insieme al Sole al meridiano il giorno del solstizio. Quindi il serpente di Delfi iniziava a perdere forza e veniva sprofondato sempre più in basso, fino ad essere scalzato da Apollo, come narra il mito di Delfi.

L’oracolo fu istituito proprio mentre le ultime stelle dell’Idra, quelle della testa, finivano di culminare e anticulminare insieme al Sole ai solstizi e le stelle Vega e Deneb giungevano a una declinazione coincidente con la latitudine di Delfi, culminando così allo zenit in quel luogo.

Inoltre Vega e Sador (la seconda stella più brillante del Cigno) erano in equidistanza in ascensione retta dal meridiano, il quale quindi era inquadrato tra esse, e lo stesso vale per Vega e il Delfino, in particolare la stella gamma2 della costellazione. Questa equidistanza dal meridiano è una equidistanza dal coluro solstiziale, visto che a mezzanotte del solstizio sono al meridiano le stelle che si trovano sul coluro solstiziale.

Questo faceva si che il coluro solstiziale diventasse simbolicamente il meridiano di riferimento di Delfi, visto che il luogo aveva la stessa declinazione di Vega e Deneb. Inoltre queste stelle a Delfi nel loro sorgere apparivano inquadrate tra le due rocce dette Fedriadi.

Ecco quindi che l’iperboreo Apollo era diventato un dio solare perché le sue stelle facevano tutto questo proprio la notte del solstizio.

L’equidistanza e la culminazione solstiziale erano un fenomeno presente in tutto il mondo, ma solo Delfi era inquadrata anche per latitudine tra le brillanti delle due costellazioni, diventando così “l’ombelico del mondo”, cioè la sede privilegiata di manifestazione della divinità solstiziale rappresentata da quelle costellazioni. Tutto questo accadeva proprio intorno al 600 a.C., cioè negli anni di costruzione del tempio.

L’orientamento del santuario di Delfi

Nel considerare gli orientamenti astronomici del tempio di Delfi bisogna tener conto anche dell’altitudine di Delfi che si trova inserita tra monti. Infatti, di fronte ci sono le Fedriadi, cioè le due punte rocciose tra le quali sprizzava la famosa fonte Castalia.

L’altitudine dell’orizzonte è importante per individuare il momento in cui le stelle diventano effettivamente visibili al loro sorgere in un certo luogo. Il tempio è orientato a nord est e punta proprio verso la levata delle tre costellazioni della Lira, del Cigno e del Delfino, le quali sorgono sopra le Fedriadi in questo ordine.

Le prime due costellazioni apparivano sempre davanti al Tempio all’azimut esatto relativo al punto mediano tra le due rocce, mentre il Delfino era un po’ più a est. E la Lira, il Cigno e il Delfino sono i tre principali simboli di Apollo.

Ma anche il Sole gioca un ruolo chiave nell’orientamento del Tempio, in quanto il Sole nascente illumina direttamente la parte posteriore del Tempio intorno al solstizio d’inverno e anche durante l’estate, ad un’ora più tarda del mattino[1].

Gli antichi sceglievano i luoghi sacri proprio sulla base della loro naturale affinità con le parti di cielo più significative per quella certa epoca, cioè quelle che ospitavano le stelle e costellazioni più potenti di quel periodo: quei luoghi rappresentavano la corrispondenza terrestre di quella parte di cielo, e quindi erano massimamente idonei ad essere scelti come luoghi sacri per riceverne l’influsso.

A causa del paesaggio montagnoso circostante, la posizione migliore per vedere queste costellazioni era allo zenit, cioè quando queste costellazioni erano direttamente sopra il tempio a mezzanotte. A partire dall’estate si sviluppava il seguente interessante schema. Durante il solstizio d’estate la Lira e il Cigno apparivano davanti all’entrata del Tempio di Apollo al tramonto, con il Delfino che arrivava poco dopo, in modo che le stelle luminose di tutte e tre le costellazioni, una dopo l’altra, predominavano durante la notte mentre attraversano la sfera celeste percorrendo il cielo sopra il tempio.

Alla fine della notte la vista di queste due costellazioni si perdeva a nord-ovest del Tempio. Il Sole appariva poco dopo illuminando la parte posteriore del tempio.

Nel periodo dell’equinozio autunnale la Lira, il Cigno e il Delfino si trovavano prossime alla culminazione mentre il Sole tramontava, e iniziavano la loro discesa fino a perdersi dietro il Tempio. Da quella data in poi davano l’impressione di essere “partite”, diventando visibili per sempre meno ore dopo il tramonto. Nelle prime ore dopo la mezzanotte, e certamente ben prima dell’alba, si perdevano sotto l’orizzonte nord-occidentale del Tempio.

Al tramonto dell’equinozio d’autunno gli ultimi raggi del sole illuminavano la statua di Apollo.

Verso la fine di dicembre (nel periodo in cui si riteneva che Apollo partisse per  tornare a Iperborea) le tre costellazioni si perdevano dietro il Tempio pochi minuti dopo il tramonto e restavano invisibili per tutta la notte, per poi riapparire sopra le Fedriadi e sopra l’ingresso del Tempio solo pochi minuti prima dell’alba del giorno successivo. Quindi restavano visibili solo per pochi minuti, finché non venivano “affogate” dalla luce del sole.

Così queste costellazioni strettamente associate ad Apollo scomparivano, per poi tornare solo a marzo, in coincidenza con il ritorno di Apollo dalla terra degli Iperborei.

Quindi il periodo durante il quale le costellazioni non erano visibili mentre culminavano coincideva con il periodo in cui si diceva che Apollo lasciasse Delfi una volta all’anno per tornare a Iperborea.

Questi fenomeni stellari si sono verificati dal 1000 al 300 a.C., con solo piccole variazioni dovute alla precessione. Si tratta proprio delle due date che segnano il periodo in cui fu istituito l’oracolo e quello in fu reso l’ultimo oracolo nel 361 a.C. all’imperatore Giuliano.

In che modo le stelle generano divinità

L’esempio di Delfi ci insegna che uno dei modi anticamente usati per individuare le stelle – e le relative divinità – più importanti di una certa epoca e per un certo luogo consisteva appunto nell’osservare le stelle che culminavano alla mezzanotte del Solstizio, e tra queste soprattutto quelle che corrispondevano alla latitudine del luogo o avevano con esso altre forme di affinità. In questa considerazione erano incluse anche due stelle equidistanti dal coluro solstiziale. Se si trattava di stelle brillanti, il luogo poteva diventare una privilegiata sede di manifestazione delle relative divinità astrali, che spesso acquistavano gli attributi di più di una delle costellazioni così individuate. Per esempio, Apollo riassumeva in sé il simbolismo della Lira, del Cigno e del Delfino, ma anche del Serpente che aveva sconfitto e con il quale spesso veniva raffigurato (Apollo era anche una grande divinità guaritrice delle malattie).

Queste divinità quindi avevano un’origine stellare, ma si presentavano come una combinazione di più stelle e costellazioni, cioè di quelle più potenti in un certo periodo e in un certo luogo.

Così come gli uomini si uniscono per generare figli, allo stesso modo le divinità che si manifestavano sulla terra erano il frutto dell’unione o combinazione di più stelle. E forse questo è uno dei motivi per cui la diretta venerazione dei singoli astri, pur essendo stata praticata, non sembra essere stata molto diffusa. Certamente le stelle erano considerate manifestazioni astrali degli Dei, ma le divinità imperanti in un certo tempo e luogo erano concepite anche e soprattutto come il frutto della combinazione di più stelle e costellazioni legate da loro da rapporti astronomici.

Fu proprio questa sua relazione con le stelle brillanti che inquadravano il coluro solstiziale a rendere Delfi “ombelico del mondo” dal punto di vista spirituale. Tale era ritenuta nel mondo greco.

I simboli del dio erano quelli propri di queste costellazioni e la sua mitologia poteva essere desunta anche dai loro rapporti astronomici con le altre, per esempio appunto il suo scalzare una precedente divinità o trionfare su alcuni nemici ecc…

 

Anno 600 a.c: a mezzanotte culminava il medio punto tra Sadr del Cigno e Vega, la brillante della Lira. Infatti, le due stelle erano equidistanti dal coluro solstiziale.

Vista l’analogia tra Macrocosmo e Microcosmo, è certo che anche le costellazioni e le stelle partoriscono figli, e i loro figli sono appunto le divinità, di cui le cose e gli esseri di questo mondo sono a loro volta figli. Da queste unioni tra stelle nascono “figli” nei vari livelli dell’essere, che siano divini, umani, demonici, o anche vegetali o animali.

Se consideriamo tutto questo, assumono un nuovo e più chiaro significato tutti i miti che descrivono la filiazione di alcuni uomini da certe divinità, o di certe divinità da altre, o i legami tra certe specie vegetali o animali e certe divinità ecc…All’origine di queste catene c’erano sempre le stelle e le costellazioni, secondo processi simili a quelli appena descritti.

Recentemente ho pubblicato i primi due volumi di un’opera dal titolo La Matrix Stellare. Essa è dedicata all’esame delle segrete relazioni intercorrenti tra i luoghi e le direzioni spaziali terrestri e le stelle. Finora l’astrologia si è occupata molto del tempo e molto poco dello spazio. Eppure lo studio di queste relazioni era il vero nucleo delle antiche conoscenze che furono applicate non soltanto per orientare templi e monumenti, ma anche per la scelta stessa dei luoghi in cui erigerli. Lo scopo di quest’opera è appunto quello di riportare alla luce questa antica scienza che finora non è mai stata tramandata per iscritto (cosa già di per sè molto significativa), pur essendo stata praticata da tutti i popoli antichi e a tutte le latitudini del nostro pianeta. Questo articolo è stato basato su una più dettagliata esposizione contenuta nel secondo volume de La Matrix Stellare.

[1] Per queste e altre considerazioni relative all’orientamento del tempio, v.  questo interessante articolo consultabile in rete:  Delphi and Cosmovision: Apollo’s Absence At the Land of the Hyperboreans and the Time for Consulting the Oracle di Ioannis Liritzis e Belen Castro Martin

albano.giacomo@yahoo.it www.astrologiaprevisionale.net

La Boa di Plutarco un progetto di Arnau De Villanova Institute in collaborazione con Arthena e Naos Edizioni.

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