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Home Food Style

Le Donne del Vino: Tenuta Enza La Fauci tra “Scilla e Cariddi”

Come Ulisse lasciò la traccia degli eroi e delle eroine del vino sullo Stretto di Messina

Susanna Basile di Susanna Basile
Febbraio 26, 2022
in Food Style
Tempo di lettura: 4 minuti
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Le Donne del Vino: Tenuta Enza La Fauci tra “Scilla e Cariddi”

Lo Stretto di Messina chiamato nell’antichità Stretto di Scilla e Cariddi, è un braccio di mare che collega il Mar Ionio con il Mar Tirreno, separa la Sicilia dalla Calabria e l’Italia peninsulare dal continente. Ed è in questo luogo carico di bellezze naturali che incontriamo Enza La Fauci nella sua Tenuta. C’è troppa storia poesia e magia per lasciare il detto e il non detto al caso e l’aria di mare di cui è pregna la Terra di Enza, sa di vento, di vento che cambia, di mare in tempesta e di sole accecante. Per questo il sapore dei suoi vini è così estremo: fresco d’estate e caldo d’inverno.

Donna Enza La Fauci: “Vini D.O.C. Faro nasce nel 1976. In questo territorio si produce il nerello mascalese autoctono, il nocera, il nerello cappuccio, il nero d’avola. Ma poi penso allo zibibbo nato sul mare, lo zibibbo messinese, e ancora al vino Oblì per cui nasce proprio la mia etichetta, nell’etichetta c’è la tenuta, il mare lo stretto di Messina e la Calabria. Mi sono ispirata al passaggio di Ulisse che incontra le Sirene. Il mio logo rappresenta la storia Greca di cui siamo impregnati, ma anche un modo per dimenticare la tristezza e la malinconia, e l’intelligenza della determinazione e della soluzione dei problemi, dell’andare avanti anche contro il favore degli dei”.

Vi raccontiamo un po’ di leggenda: il difficile passaggio dello Stretto di Messina al suo mare minacciato da Scilla e Cariddi, dalle Sirene e dai Mostri che oggi portano nomi scientifici, ma che rappresentano il retaggio di superstizioni vive che ci riportano all’Ulisse, uomo di mare che ancora oggi, ci illumina come un faro. Un eroe capace di passare da un’opera all’altra nella perenne “odissea” della vita tanto che il suo nome diventa sinonimo del “viaggio” terreno dell’umanità tra le infinite difficoltà che incontra ogni giorno. E qui su questa terra di vento, salsedine e pietra mica dorata “il lavoro” si vede: ma si vede pure l’amore di un prodotto che di terra, sole, vento e pioggia di rugiada che deriva dall’acqua salata cresce e si pasce di sapore indimenticabile. Sono i quattro elementi che caratterizzano il bouquet dei vini La Fauci.

Ma c’è un quinto elemento che viene chiamato “etere”. Un elemento etereo, ineffabile, impalpabile, chiamato “quid”. E Ulisse ce l’aveva. La sua innata modernità era imbevuta di malizia, individualismo e intelligenza. Le sue capacità: sopportazione, curiosità, diffidenza, pazienza, coraggio e astuzia militare. Ulisse è l’emblema dell’ingegno, della calcolata freddezza che gli permette d’uscire sempre indenne dalle tempeste della vita usando qualsiasi mezzo, anche estremo.

Come per Scilla e Cariddi ad esempio che scientificamente si chiamano vortici, scontro di correnti di marea, differenza di temperatura tra il mar Ionio ed il Tirreno, ma che noi esseri mitici tra il vino e il suo inebriarsi, il suo oblio, la sua teatralità drammatica li abbiamo modificati nella nostra creatività grottesca in due mostri: Scilla “colei che dilania”, sopra uno scoglio, il terribile mostro a sei teste dal lato della Calabria e Cariddi “colei che risucchia” dal lato della Sicilia.

Non solo Omero ci racconta come Ulisse riuscì a passare lo stretto ma anche Virgilio nella sua Eneide ne parla: “Nel destro lato è Scilla; nel sinistro / È l’ingorda Cariddi. Una vorago / D’un gran baratro è questa, che tre volte / I vasti flutti rigirando assorbe, / E tre volte a vicenda li ributta / Con immenso bollor fino a le stelle”.

La necessità di percorrere la via di mezzo diventò così proverbiale quando si afferma di “essere tra Scilla e Cariddi”, s’intende il trovarsi in una posizione problematica.

Scilla e Cariddi

Donna Enza La Fauci: “Essere tra Scilla e Cariddi ci ha fatto diventare come siamo per questo motivo siamo tutti un po’ come Ulisse. Infatti tutti i nostri vini sono una scommessa. Anche l’assaggio che viene fatto diventa una sfida: il fatto che ci possa sorprendere, soprattutto tra un’annata e l’altra in cui il vino matura. Ci sono aspetti che ne vengono esaltati come la sapidità salina e minerale dell’acqua salmastra e dalle rocce di mica dorata, e quando è più giovane l’esaltazione della frutta profumata con “nocciolo” come la pesca, gli agrumi e le erbe aromatiche come la menta. Sentore di menta in un vino da antipasto apre il gusto ma come vino da dolce può risultare digestivo”.

Ancora una volta la dicotomia dei vini La Fauci. Ancora una volta le genuinità del tempo, del contesto, del suo genius loci. Abbiamo assaggiato anche l’etichetta Terra di Vento che ancora era in vasca un rosso che maturerà tra qualche mese…

Ci racconta ancora Donna Enza La Fauci: “Io punto sul recupero della storia come nell’etichetta “Case Bianche” dei luoghi della mia infanzia, come quella striscia di terra che emerge dal mare che vedi laggiù dove i nostri avi coltivavano lo Zibibbo, abbiamo recuperato pure quei vitigni”. Nell’era della globalizzazione recuperare il vitigno antico e coltivarlo nel suo posto di nascita, questo è il vero “lusso”. Il “vero” lusso è stato anche conoscere Donna Enza La Fauci e la sua Tenuta che presto andremo a ritrovare magari in primavera quando tutto sarà in fiore.

 

Tags: capo pelorocasebianchemessinaoblìtenuta enza la fauciulissevignadoratazibibbo

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