Sussurri, sorrisi e grida di un disertore

Riflessioni sullo spettacolo “Con animo imprescrittibile – Diario di un disertore”, dal libro di Orazio Maria Valastro con Graziana Maniscalco, regia di Nino Romeo

Il termine diserzione è un sostantivo femminile dal tardo latino desertio-onis, derivazione di deserĕre “abbandonare”.  Si tratta di un abbandono ingiustificato del corpo in cui si presta servizio militare, come figura di reato prevista dal codice penale militare di pace e di guerra, che si può realizzare sia abbandonando, senza autorizzazione il reparto di appartenenza, sia non facendovi rientro al termine di una regolare assenza per licenza. Si è comunque accusati di diserzione, di tradimento, e durante la guerra, di viltà di fronte al nemico.

Orazio Maria Valastro e Graziana Maniscalco ph Roberto Oliveri

Quasi sempre fucilati da plotoni composti dai loro stessi compagni d’armi. A volte giustiziati senza nemmeno un processo, durante esecuzioni sommarie o decimazioni. A cento anni dall’inizio della Grande Guerra, qualche anno fa, la Repubblica Italiana chiese loro perdono. Una pagina dimenticata della nostra storia che viene riabilitata: quei caduti, almeno 4028 condannati per reati vari, 2968 contumaci e dei 1060 rimasti, 750, sono i disertori che sono stati fucilati con disonore.

ph Susanna Basile

Perché questa introduzione? Per parlare di un argomento come quello che ci è stato proposto dalla Compagnia Gruppo Iarba di Catania nella magistrale interpretazione di Graziana Maniscalco, la regia di Nino Romeo dal testo di  Orazio Maria Valastro, e le musiche di Giuseppe Romeo, Bisogna entrare nella mentalità e nella cultura storico-geografico-antropologico-sociale, di un avvenimento quale potrebbe essere una guerra, un conflitto territoriale che coinvolge gli esseri umani appartenenti ad una popolazione ben definita, che nascono ed abitano in una nazione ben definita. Se ci pensate un attimo, se fossimo definiti per razza e usi costumi, lingua parlata e scritta, non ci sarebbe motivo di definire il territorio di una nazione che una volta stabiliti “i confini”, ne stabilisce anche la violazione e quindi la guerra. No, il percorso del nostro disertore, implica una sorta di ossimoro: il disertore è un coraggioso ignavo o un ignavo coraggioso? Perché da un punto di vista patriottico risulta ignavo, vile e traditore, in quanto incapace di difendere la propria patria, libertà e famiglia. Nello stesso tempo portando avanti la propria libertà di scegliere di essere renitente alla leva, come ha deciso il nostro protagonista che per circa sette anni è stato incarcerato e perseguito dalla legge fino ad essere riformato, la sua, è una figura di un coraggioso e utopico idealista. Come si può definire vigliacco, ignavo, codardo, un uomo che porta avanti un proprio diritto di scelta, che nello stesso tempo diventa un dovere che qualcun altro ha scelto per lui, fino al carcere e conseguenze, o nel caso infatti specie del disertore in guerra, fino alla morte?

ph Roberto Oliveri

Poi a distanza di cento anni, una nuova cultura, una nuova ideologia definisce i fucilati per diserzione, dei caduti per la patria: come poter continuare a credere nelle istituzioni? Come poter pensare che ci sia qualcuno che imponga al posto nostro come un “pater familias”, quello che ci rende eticamente morali da ciò che ci rende eticamente immorali? E gli amorali che posto occuperebbero?

Fatto sta che la messa in scena di un grande testo come quello di Orazio Maria Valastro, denso di poesia nelle descrizioni intime e accurate e mai retoriche o noiose, animato dalla voce e dal corpo di una donna, Graziana Maniscalco, con una funzione esotericamente parlando di un androgino, che fonde dentro di sé delle movenze maschili, abiti maschili espressioni maschili, con una voce femminile, un pensiero femminile, un’emozione femminile.

ph Susanna Basile

Ricorda proprio l’Animus/Anima dello psicologo Jung; ricorda il rapporto simbiotico tra la madre di Orazio, il disertore e Orazio, il figlio con la madre poetessa. Infatti l’Anima (spesso scritta con la A maiuscola per distinguerle dall’uso corrente della parola) costituisce la totalità delle qualità psicologiche femminili di un uomo: l’Animus invece rappresenta le qualità maschili in una donna. In quell’universo parallelo dove tutto continua ad avvenire e si verifica in ogni istante e dove noi spettatori eravamo coinvolti dal taglio delle luci e dalla sapiente musica di Giuseppe Romeo, come una spirale e un confronto nell’abbattimento della diatriba tra noi/voi, tra essere/avere, tra dire/fare e nel riconoscimento speculare del nostro coraggio o della nostra vigliaccheria alimentando un Sé che mai si cheta in questo manicheistico confronto, esaltato dalla location in cui il fatto, continua a perpetrarsi, splendente nel magnifico giardino di Fabbricateatro di Catania.

ph Roberto Oliveri

 

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